L'insegnamento della grammatica e studenti con DSA: la prospettiva inclusiva della grammatica valenziale

L'insegnamento della grammatica e studenti con DSA:
la prospettiva inclusiva della grammatica valenziale


In una prospettiva di didattica inclusiva, la grammatica tradizionale e l’insegnamento che di essa è largamente praticato nelle scuole italiane costituisce un’importante difficoltà con gli studenti che presentano Disturbi Specifici di Apprendimento e, più in generale, Bisogni Educativi Speciali, fino a risultare spesso d’ostacolo anche agli apprendenti normodotati. 
L’apprendente con DSA che si accosta allo studio della grammatica, infatti, è costretto ad affrontare una serie di ostacoli che non dipendono soltanto dalle difficoltà nucleari del disturbo (quali, ad esempio, i deficit nelle competenze metafonologiche, quelle visuo-percettive e grafo-motorie; fragilità nella memoria di lavoro e a lungo termine; rapido esaurimento dell’attenzione e della concentrazione; l’affaticamento che comporta una riduzione dei tempi di lavoro), ma anche dalla natura non inclusiva dell’insegnamento della grammatica e dalle richieste cognitive che le metodologie didattiche tradizionali impongono.

  • Il principale di questi ostacoli risiede nell’impianto classificatorio della grammatica scolastica: essa si fonda cioè su una riflessione sulla lingua che parte dalla categorizzazione dei suoi oggetti in classi (di parti del discorso, o complementi, o proposizioni), sulla base di criteri morfologici, sintattici e semantici, delle quali si forniscono definizioni generali ed astratte. La classificazione, però, non facilita la comprensione dei fenomeni, ma al contrario impone agli apprendenti un importante lavoro mnemonico, fattore non indifferente di fragilità per gli studenti con disturbi specifici di apprendimento;
  • Il secondo ostacolo, dalle notevoli ricadute sulla qualità dell’apprendimento degli studenti con DSA, è costituito dall’eccessiva astrattezza dei concetti grammaticali, i quali vengono trasmessi in modo nozionistico e acquisiti passivamente dai discenti.

Di fronte a questa situazione, le difficoltà sono le medesime sia per studenti normodotati che per studenti con disturbo d’apprendimento. Di fronte a questa situazione, le difficoltà sono le medesime sia per studenti normodotati che per studenti con disturbo d’apprendimento. Se però, lo studente normodotato riesce, in modo inconsapevole ed intuitivo, a compensare la difficoltà e a tradurre la definizione astratta in dati concreti, il portatore di DSA si ritrova in un contesto per lui ingestibile, a causa dello sforzo metacognitivo e mnemonico che gli è richiesto.

Proprio per questo è opportuno pensare a delle strategie diverse che non facciano leva sulle principali difficoltà dello studente con DSA, come invece fa la didattica della grammatica tradizionale. Ad esempio, conduce a dei risultati positivi con tutte le categorie di apprendenti la promozione di strategie di apprendimento attivo.

Una delle possibili vie che possono essere intraprese dal docente di grammatica italiana per rendere più accessibile questo insegnamento a tutti gli studenti è l’adozione del modello di grammatica valenziale: esso infatti può fornire delle risposte alle problematiche ed esigenze fin qui esposte, relative soprattutto alla necessità di superamento di un insegnamento grammaticale passivo e dogmatico a favore di una didattica più concreta, partecipata ed inclusiva.



La grammatica valenziale è un modello di analisi della struttura della frase che si basa su un approccio semantico. L’elaborazione di questo sistema si deve al linguista francese Lucien Tesnière, i cui studi confluirono nell’opera Elements de Syntaxe structurale, pubblicata postuma nel 1959. 
Il termine «valenziale» è stato mutuato dalla chimica, dove per valenza si intende la capacità di un atomo di combinarsi con un altro, creando dei legami chimici, e dunque il numero di legami che ciascun elemento può stabilire.

“Si può allora paragonare il verbo a una specie di atomo munito di uncini, che può esercitare la sua attrazione su un numero più o meno elevato di attanti, a seconda che esso possieda un numero più o meno elevato di uncini per mantenerli nella sua dipendenza. Il numero di uncini che un verbo presenta, e di conseguenza il numero di attanti che esso può reggere, costituisce ciò che chiameremo la valenza del verbo.” Tesnière 2001, p. 157.

Analogamente, anche i verbi possono essere classificati secondo la loro valenza, ossia in base a quali e quanti elementi siano ad esso necessari affinché la frase abbia un senso compiuto: il verbo cioè, dal punto di vista semantico e sintattico, richiede e quindi attrae attorno a sé una serie di elementi necessari per completarne il significato, quali un soggetto ed altri oggetti, diretti o indiretti, che insieme al verbo costituiscono il nucleo della frase. 

A seconda del numero di elementi necessari (detti anche argomenti) che il verbo richiede, questo può essere: 

  • zerovalente (se non necessita di alcun argomento, ad esempio i verbi atmosferici e impersonali: «Piove»), 
  • monovalente (se necessita di un solo argomento, ovvero il soggetto, come i verbi intransitivi: «Gaia ride», «Lorenzo dorme»), 
  • bivalente (se necessita di due argomenti, ovvero un soggetto e un oggetto, come i verbi transitivi: «Carlo ascolta una canzone»), 
  • trivalente (se necessita di tre argomenti, quali un soggetto e due oggetti, come i verbi di dire e di dare: «Luca regala un libro a Marta»), 
  • tetravalente (se necessita di quattro argomenti, come i verbi di trasferimento: «Valeria ha tradotto la versione dal latino al greco»).

Oltre agli argomenti necessari per il completamento del senso del verbo, nella frase vi sono anche elementi accessori: i circostanti, che aggiungono informazioni rispetto agli elementi del nucleo (quali aggettivi, participi, avverbi: «La madre scrisse accuratamente una lettera»), e le espansioni, che espandono il significato della frase oltre il nucleo e i suoi circostanti, e non sono indispensabili per la costruzione di una frase di senso compiuto (quali informazioni sul tempo, sul modo, sulla causa, sul fine, etc.: «La scorsa settimana sono andato al cinema»).


Il modello valenziale assume dunque, come punto di partenza per l’analisi, il verbo, motore delle formulazioni linguistiche, che contiene già in sé «il progetto di un’intera frase»: esso quindi, a seconda del significato di cui è portatore, è in grado di fornire delle informazioni sulla struttura sintattica della frase.

Un punto di forza del modello di grammatica valenziale, soprattutto per le sue ricadute positive nella pratica didattica, è la rappresentazione grafica della frase, sia semplice che complessa, che esso prevede. A differenza della modalità di analisi tradizionale della frase semplice e del periodo - che procede in modo lineare, seguendo l’ordine di presentazione dei sintagmi e partendo dunque dal soggetto al verbo che predica qualcosa di esso e così via – la rappresentazione grafica della frase in chiave valenziale consente di far emergere la struttura gerarchica tra gli elementi che scaturisce dal verbo.



La ricostruzione di questa gerarchia e la sua visualizzazione grafica facilita, per gli studenti, il riconoscimento e la comprensione dei legami logici che si instaurano nella frase, sia semplice che complessa, e assiste il discente nel processo di astrazione e di concettualizzazione di quanto si osserva sul piano empirico, processo che conduce al conseguimento di una conoscenza grammaticale formale. 


Il più diffuso tra i modelli di rappresentazione grafica è quello per ellissi concentriche, adottato principalmente da Francesco Sabatini.




Questo modello si fonda sulla rappresentazione della frase in uno schema radiale. Al centro dello schema si trova il verbo, in un cerchio rosso, attorno al quale sono disposti tutti gli elementi che esso richiede, collegati al verbo da nessi rappresentati da linee continue: l’argomento soggetto è posto in un cerchio azzurro, gli argomenti oggetto diretti e indiretti in cerchi azzurri di intensità minore. Lo schema radiale è racchiuso da un ovale, che individua e delimita il nucleo della frase. I circostanti e le espansioni, invece, vengono collocati graficamente al di fuori del nucleo centrale, in ulteriori ellissi concentriche esterne.





I vantaggi dell’adozione di questo modello per l’insegnamento della grammatica, alla luce delle difficoltà degli studenti con disturbi specifici dell’apprendimento sopra esposte, sono molteplici.
  • Innanzitutto, l’osservazione parte dai dati linguistici concreti che lo studente ha davanti: nell’analisi di una frase, lo studente si soffermerà dapprima sul verbo - al quale la grammatica valenziale, come è stato illustrato, assegna un ruolo cardine – per riflettere sul suo funzionamento in quel determinato contesto a seconda del suo significato; dalla semantica del verbo lo studente otterrà dei suggerimenti sulla struttura che esso richiede, e dunque sarà in grado di capire se nella frase che ha davanti sono presenti tutti gli elementi necessari, se sono sottintesi o al contrario se sono mancanti; l’osservazione diretta porterà poi alla scoperta della regola e all’astrazione delle nozioni attraverso le quali spiegare e comprendere il funzionamento della lingua – comprensione che sarà tanto più significativa quanto più partecipato sarà l’intero processo.
  • L’analisi della lingua e la riflessione sulla sintassi a partire dalla semantica fa appello alla competenza grammaticale implicita dello studente: in questo modo vengono incentivati l’apprendimento attivo, che semplifica ed alleggerisce gli sforzi cognitivi degli studenti più fragili e di quelli con DSA, e la costruzione di una conoscenza esplicita ed astratta in modo induttivo, attraverso una riflessione sui concreti usi linguistici.


  • Un ulteriore e importante vantaggio per gli studenti con disturbi dell’apprendimento è costituito inoltre proprio dai modelli di rappresentazione grafica previsti dall’approccio valenziale. Sono noti, infatti, i benefici dell’utilizzo di strumenti compensativi per i portatori di DSA, come schemi, mappe, tabelle e immagini, i quali alleggeriscono gli sforzi mnemonici e riducono l’eccessivo dispendio di energie. Per questi motivi l’utilizzo della rappresentazione grafica della frase risulta estremamente utile: attraverso la raffigurazione, la struttura della frase, il suo funzionamento, gli elementi che la costituiscono e i legami che si stabiliscono tra questi ultimi non restano relegati nel dominio dell’astrattezza, ma vengono visualizzati concretamente. Non soltanto rende più semplice per tutti gli studenti la comprensione delle strutture morfo-sintattiche, ma per gli studenti con DSA la rappresentazione grafica è un sostegno alla memorizzazione e al recupero di informazioni (grazie anche all’utilizzo di colori e forme diverse), e allevia gli sforzi cognitivi, permettendo allo studente di concentrare le sue risorse attentive su un supporto visivo, del quale poter fare esperienza diretta.


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