Capovolgere per includere: flipped classroom e didattica a distanza
Capovolgere per includere: flipped classroom e didattica a distanza
Una strategia che dischiude innumerevoli potenzialità se
applicata alle forme di didattica a distanza è la metodologia della flipped
classroom, o “classe capovolta”.
L’approccio didattico della flipped classroom è andato incontro, nell’ultimo decennio, ad un’ampia diffusione a partire dal lavoro pionieristico di Bergmann e Sams, due docenti di chimica statunitensi che nel 2007 lo hanno messo in pratica nelle loro classi di una scuola rurale in Colorado, al fine di fare recuperare ai loro allievi spesso assenti le lezioni perse videoregistrandole e pubblicandole in rete (Bergmann & Sams 2012). Da questa esperienza è emerso che poter accedere alle lezioni e al materiale didattico senza vincoli di spazio e di tempo, con l’ulteriore possibilità di ritornare sui contenuti meno chiari, permetteva agli studenti di raggiungere risultati positivi, derivanti principalmente dalla personalizzazione dell’insegnamento che questa modalità favoriva (Cottini 2017, Spalatro & Paladino 2019). Oltre a questo, l’anticipazione dei contenuti in un momento precedente a quello trascorso in aula permetteva di impiegare diversamente i tempi della didattica in orario scolastico, dedicandoli alla verifica delle conoscenze acquisite o allo svolgimento di attività collaborative tra pari, sotto la supervisione del docente.
Il modello della flipped classroom
dunque ridisegna l’intero processo di insegnamento-apprendimento e, così com’è
stato progressivamente teorizzato, prevede un vero e proprio capovolgimento
delle attività didattiche rispetto ai loro tradizionali tempi e luoghi di
realizzazione: il momento di comprensione e studio dei contenuti didattici - che
generalmente viene svolto dagli studenti in orario scolastico e in presenza del
docente, sotto forma di lezioni frontali – è svolto autonomamente da ciascuno
studente in orario extrascolastico, a partire da materiali preparati e messi a
disposizione dall’insegnante; il momento di esercitazione, approfondimento e
consolidamento delle acquisizioni è svolto invece in orario scolastico, con la
guida e il supporto del docente.
Osservandone più nel dettaglio la
metodologia, Cecchinato e Cottini distinguono nella flipped classroom due
momenti di inversione rispetto alle dinamiche didattiche tradizionali.
Un primo capovolgimento avviene rispetto alla fruizione dei contenuti oggetto d’apprendimento, la quale viene spostata fuori dall’aula e si concretizza nella presa visione e nello studio, prima dell’incontro in presenza, di videolezioni registrate e di materiale di vario tipo, che il docente fornisce agli studenti dopo averlo reperito online oppure avendolo allestito lui stesso. In questo contesto si dispiegano tutte le potenzialità attualmente offerte dall’utilizzo della rete, in quanto fonte inesauribile di software, piattaforme e siti di risorse educative digitali, sia testuali che multimediali, liberamente accessibili agli utenti (Cecchinato 2012 e Cecchinato 2014, Maglioni & Biscaro 2014). Questa prima trasposizione comporta vantaggi notevoli, sia di carattere operativo e in vista di una riorganizzazione temporale delle attività didattiche, che in un’ottica più propriamente inclusiva. Lo studio preliminare di un argomento mette innanzitutto lo studente nelle condizioni di avere già in mente ciò che sarà affrontato in aula, di interiorizzare i contenuti e raccogliere eventuali dubbi e domande da sottoporre successivamente al docente, permettendo con ciò un migliore sfruttamento dei tempi della lezione in classe. Il fatto di poter disporre delle risorse e dei materiali di studio in modo autonomo, inoltre, fa sì che ciascuno studente possa personalizzare il proprio apprendimento. La visualizzazione dei prodotti multimediali o la lettura dei testi è gestita interamente dall’alunno, con tempi e modalità flessibili: lo studente di conseguenza è libero, laddove lo ritenga necessario, di riprodurre più volte la videolezione o di reiterare la lettura del materiale, focalizzando la propria attenzione su quanto risulta per lui poco chiaro ed integrando e approfondendo autonomamente ciò che suscita il suo interesse. In questo modo, l’allievo diventa responsabile del proprio apprendimento, sviluppando un maggiore controllo dell’intero processo.
Le strategie della flipped classroom, da questo punto di vista, si dimostrano particolarmente efficaci affinché i ritmi di apprendimento e gli stili cognitivi di ciascuno studente siano rispettati ed assecondati, contro le frequenti dinamiche di appiattimento e di standardizzazione della didattica riscontrabili nelle tradizionali lezioni frontali: non soltanto possono trarne beneficio gli alunni più deboli, che necessitano di tempi di apprendimento più distesi per conseguire gli obiettivi formativi, ma anche quelli più dotati, per i quali i docenti possono pianificare percorsi di potenziamento e incoraggiare uno studio più indipendente e creativo. Simili caratteristiche, com’è chiaro, hanno importanti ripercussioni anche sull’aspetto inclusivo dell’insegnamento, in quanto semplificano il processo di realizzazione di percorsi personalizzati che tengano in considerazione le differenze e le specificità di ogni componente del gruppo classe (Altemueller & Lindquist 2017): l’insegnante può predisporre materiali diversi sia qualitativamente (distinti quindi per livelli di difficoltà) che per la tipologia di formato utilizzato (come video, audio, testi, grafici, mappe), per garantire a ciascuno pari opportunità di apprendimento. La diversificazione delle risorse nell’ambito della didattica capovolta incontra le esigenze soprattutto degli studenti con disabilità o con disturbi specifici dell’apprendimento. In presenza di uno studente con disabilità intellettiva - a seconda del tipo di patologia e della gravità del deficit cognitivo - l’insegnante può progettare, con il supporto del docente di sostegno, delle risorse che siano in linea con gli obiettivi comuni all’intero gruppo classe ma che prevedano gli opportuni adattamenti, in modo tale da garantire l’integrazione tra programmazione individualizzata e programmazione curricolare e favorire la piena inclusione dello studente con bisogni speciali. Allo stesso modo il materiale didattico per gli studenti con disabilità sensoriali può essere allestito con accorgimenti mirati che favoriscano per i primi l’accessibilità, mentre per i secondi l’aggiramento delle difficoltà nei processi di letto-scrittura o di calcolo attraverso l’utilizzo di canali comunicativi molteplici e di strumenti compensativi.
Il secondo capovolgimento rispetto alle
consuete dinamiche didattiche riguarda il momento dello studio individuale e
dei compiti, che dalle case degli studenti viene spostato nell’aula. Questo non
significa, come ribadisce Cecchinato, trasformare la classe in un’aula studio,
nella quale gli studenti svolgono semplicemente i tradizionali compiti per
casa, ma vuol dire riprogettare interamente le attività didattiche portando al
centro l’apprendimento e l’insieme dei processi che lo facilitano (Cecchinato 2014). L’anticipazione
dei contenuti infatti mette a disposizione dell’insegnante del tempo in più, quello
cioè originariamente destinato alla lezione frontale: il fatto che gli studenti
siano già entrati in contatto con i contenuti disciplinari e che li abbiano già
acquisiti, secondo le modalità e i tempi congrui per ognuno, fa sì che
l’insegnante possa sfruttare in modo innovativo il tempo d’aula, concentrandosi
piuttosto sull’approfondimento e consolidamento delle conoscenze e su una loro
più efficace interiorizzazione da parte degli alunni. In questo modo può
concretizzarsi il superamento di una tradizionale didattica trasmissiva e dei
limiti della lezione frontale (tra tutti basti ricordare la passività
dell’ascolto e la mancanza di collaborazione, nonché l’impossibilità che i
ritmi e gli stili cognitivi di ciascuno studente siano rispettati) a favore di
una didattica attiva e costruttiva, più vicina agli interessi e alle capacità
di ogni alunno.
Per fare in modo che quanto descritto fin qui avvenga, è necessario che il docente crei ambienti di apprendimento flessibili e progetti contesti collaborativi ed attività laboratoriali, attraverso le quali gli studenti possano scoprire in prima persona e mettere in pratica le conoscenze, sviluppando competenze e strategie di applicazione delle stesse per la risoluzione di problemi reali. L’insegnante assume, in questo contesto, non più il ruolo di detentore autorevole di sapere da trasmettere, ma quello di mentore e di supporto allo studente nel processo di costruzione di conoscenza, assecondando le inclinazioni ed attitudini di tutti e fornendo una risposta specifica per ogni difficoltà (Birch 2014). Questa seconda fase della flipped classroom prevede dunque l’attivazione di strategie di lavoro fondate sulla ricerca, sul peer learning e cooperative learning le quali sfruttano l’importanza del ruolo della componente sociale giocata nei processi di apprendimento.
Da quanto esposto finora emerge
chiaramente che la metodologia della classe capovolta si sposa molto bene con la
duplice modalità sincrona e asincrona prevista per la didattica a distanza. I due
momenti della flipped classroom si adattano in modo naturale alle due
cornici spazio-temporali entro le quali sono state ripartite le attività
didattiche a distanza: la prima e la seconda fase di capovolgimento della
didattica sono perfettamente sovrapponibili rispettivamente alla modalità
asincrona e a quella sincrona, e in questo modo è possibile mantenere, senza
importanti stravolgimenti, la routine che sta alla base della metodologia flipped.
Il momento asincrono viene dunque
dedicato alla fruizione autonoma da parte degli studenti dei materiali messi a
disposizione dal docente, con tutti i vantaggi già presentati che questa
strategia comporta, sia in termini di apprendimento che in termini di
inclusione.
Per lo svolgimento di questa attività preliminare assume un rilievo
determinante l’utilizzo degli strumenti e delle tecnologie digitali, soprattutto
dal momento che sia insegnanti che studenti possono sfruttare in modo più
proficuo la familiarità con software, programmi e risorse acquisita grazie
l’esperienza nella scuola digitale per ottimizzare sia il processo di creazione
di contenuti che quello di studio individuale, entrambi resi più creativi ed
interattivi.
La preliminare presa di contatto con i materiali e i contenuti didattici è poi propedeutica rispetto all’incontro sincrono tra l’insegnante e il gruppo classe sulla piattaforma di videoconferenza (Roncaglia 2020). Analogamente a quanto avviene con l’applicazione della flipped classroom nel contesto tradizionale della scuola in presenza, anche a distanza la prima fase di studio individuale ed autonomo libera la lezione compartecipata dai vincoli imposti dalla necessità, per il docente, di esporre e veicolare i contenuti. Se però sono state già individuate le implicazioni positive sulla didattica in presenza determinate dalla sostituzione della lezione frontale con attività alternative, costruttive ed esperienziali, tanto maggiori si dimostrano le medesime ricadute sulle lezioni a distanza: anziché essere organizzate in forma trasmissiva, esse possono ruotare attorno a momenti di verifica, recupero e consolidamento degli apprendimenti precostituiti, di dibattito e discussione sugli argomenti proposti, di ricerca scientifica condotta sotto la guida dell’insegnante e di svolgimento di compiti costruiti in modo da attivare competenze e stimolare i processi di problem solving, sfruttando la possibilità di creazione di stanze virtuali sulle piattaforme di videoconferenza per l’incontro e la collaborazione in piccoli gruppi (Di Bari 2020, Roncaglia 2020, Sarsini 2020).
L’adozione di questa metodologia
incontra quindi l’esigenza di superare e contrastare i fenomeni di passività ed
alienazione nei processi formativi online, colmando le distanze tra i
diversi attori coinvolti e semplificando le dinamiche di inclusione.
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